Sono le 15.30. Siamo di fronte ad una lunga coda per entrare al Museo del Prado. Essendo sabato pomeriggio l’entrata é gratuita e tutto si spiega. Mezz’ora dopo (quarto più, quarto meno) ci ritroviamo all’ingresso, a depositare borse, zaini e quant’altro. Passati al metal detector, si va. Come prima cosa andiamo alla ricerca di un depliant guida. Niente da fare: solo in giapponese… Cominciamo dal tesoro del Principe, nel piano sotto: un qualcosa di delizioso, in una sala-cassaforte con il portone pesantissimo (aperto, per fortuna…) e dentro coppe, bicchieri, bottiglie, piatti ricchissimi: si vede la ricchezza dei tempi andati.

Si va al piano terra, molto bello e grande. Cominciamo dalle sculture, originali e copie in gesso, che vengono dritte dritte dal mondo classico, Grecia e “casa”, essendo le altre Romane. Magnifiche. Da vedere davvero.

Finalmente andiamo ai dipinti, e cominciamo dalla belle donne. Sì, tutta la stirpe delle regine (o no) baffute dei casati d’Austria e non mi ricordo che altro. I dipinti, eccezionali. I soggetti, un po’ meno. Onore all’arte comunque…

Poi c’é la schiera dei santi, la sfilza degli apostoli, qualche crocifisso qua e là. Ovviamente non mancano i monarchi, e ce n’é uno, un giovane, ripreso (?), dico bene, raffigurato ad ogni stadio della crescita. In verità sono tanti i soggetti nei quadri che sembrano assomigliargli. Magari hanno venduto lo stesso soggetto a diversi principi…

Non si finisce mai: Raffaello, Tiepolo, Michelangelo e tanti tanti altri. Tutti quadri più o meno classicheggianti, opere che tutti abbiamo visto nei manuali di storia dell’arte e che dal vivo sono davvero uno spettacolo sorprendente. La stessa differenza che corre fra un film visto al cinema ed alla tv.

Spettacolari sono pure gli altri visitatori. Chi prende appunti, chi su carta e chi persino su un palmare ($$$!!!), chi disegna quasi alla perfezione i quadri… Una visita guidata di inglesi ci impedisce di vedere un’opera. Poco male: ritorniamo dopo. Di tanto in tanto si sente pure parlare qualche connazionale. “¡Hola!¿Que tál?” é l’ovvio saluto fra italiani in Spagna, nulla di più.

Inutile dirvi che due ore di cammino non possono raccontarsi, anche perché ad un certo punto testa ed occhi saturano, e non ci si ferma più davanti ai quadri. Per lo meno, non troppo. Si guarda e si va avanti. Riusciamo a completare la visita al museo che siamo sfiniti, nel corpo, per il lungo stare in piedi, nella mente, per le tante cose viste. Però ne vale la pena.